venerdì 7 giugno 2019

Crollo del ponte



La vicenda del Ponte Morandi

L’ingegneria ha come compito quello di progettare opere che non creino danno per l’uomo. Ma quando vengono a mancare alcune condizioni, le opere ingegneristiche diventano trappole mortali. È l’esempio del viadotto di Polcevera, meglio noto come ponte Morandi. La sua costruzione ad opera dell’ingegner Riccardo Morandi venne vista come innovativa e di importanza strategica. Ma ben presto sorsero difetti. Il ponte subì usura a causa dell’acqua del torrente e dei fumi di una fabbrica vicina ed era quotidianamente sottoposto ad un peso eccessivo: infatti il traffico che lo attraversava era maggiore del limite massimo che la struttura poteva sopportare. Per cui nonostante la solidità del materiale che lo componeva (calcestruzzo armato) e i lavori di manutenzione attuati a partire dagli anni 80, la struttura peggiorò fino a collassare parzialmente il 14 agosto 2018. La struttura sovrastava alcune abitazioni poste ai margini del torrente.
Coloro che nel momento si trovavano sul ponte non erano a rischio: erano presenti periculum e  alea ma mancava la discrimen. Coloro i quali vivevano nelle case al di sotto del ponte erano consapevoli del danno che avrebbero corso qualora il ponte fosse crollato. Per loro il rischio c’era: erano a conoscenza del possibile pericolo, avevano operato una scelta e il caso era partecipe; erano presenti tutte e tre le componenti necessarie a definirlo.

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