Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio
1919 – Torino, 11 aprile
1987) è stato uno scrittore,
partigiano
e chimico
italiano, autore di racconti, memorie, poesie, saggi e romanzi.
Frequentò
il liceo classico e nel 1937 si
iscrisse all’Università degli
Studi di Torino, alla facoltà di Chimica.
L’anno successivo in Italia entrarono in vigore le leggi razziali.
Laureato con lode nel 1941, sul suo diploma di laurea compariva l’indicazione: “Di
razza ebraica”Nel dicembre 1943 fu arrestato dalla milizia fascista e portato al campo di Fossoli, in provincia di Modena. Da qui fu trasferito ad Auschwitz.
Venne collocato presso uno degli stabilimenti chimici più grandi d’Europa. In quanto chimico, Levi ottenne un incarico come specialista di laboratorio, posizione che gli permise di ottenere condizioni di vita meno faticose.
Scampato al lager, tornò in Italia, dove si dedicò con impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite.
La sua opera più famosa, "Se questo è un uomo", racconta le sue
terribili esperienze nel campo di sterminio nazista ed è considerato un
classico della letteratura mondiale.
Introduzione
Il rischio è
ormai unanimemente considerato come il prodotto tra la probabilità di un evento
e la sua gravità; la
valutazione del
rischio consiste
nella stima globale di tali probabilità e gravità, tutto allo scopo di
scegliere le adeguate misure di sicurezza.
R = P × Vu × Val
dove
·
P
è la pericolosità dell'evento in analisi, ovvero la probabilità che un fenomeno accada in un determinato spazio con un determinato tempo di ritorno;
·
Vu
è la vulnerabilità, ovvero la predisposizione da parte
di persone, beni o attività a subire danni o modificazioni a causa del
verificarsi di un evento;
·
Val
è il valore che l'elemento esposto al pericolo assume in termini di vite umane,
economici, artistici, culturali, .... [2]
La valutazione del rischio, quindi,
non è così semplice: non si tratta solamente di probabilità, ma piuttosto di
gravità percepita. [1] Questo
tema viene trattato in due capitoli de Il
sistema periodico di Primo Levi: Idrogeno
e Potassio.
Idrogeno e Potassio
Idrogeno e Potassio
Nel primo
capitolo lo scrittore racconta una vicenda di se stesso sedicenne che spinto dalla
curiosità, dall’incoscienza e dalla noia, i principali motori dell’adolescenza,
si trova nel laboratorio del fratello di Enrico, suo amico, ad usare
attrezzature da chimico, nonostante sia lui che Enrico fossero privi di ogni
conoscenze necessaria alla sicurezza. Lo stesso Levi scrittore riconosce che
era mosso da una fame di conoscenza irrazionale tipica dell’ingenuità della
giovinezza: "Ero sazio di libri, che pure continuavo a ingoiare con voracità indiscreta, e cercavo un’altra chiave per isommi veri: una chiave ci doveva pur essere, ed ero sicuro che, per una qualche mostruosa congiura ai danni miei e del mondo, non l’avrei avuta dalla scuola. A scuola mi somministravano tonnellate di nozioni che digerivo con diligenza, ma che non mi riscaldavano le vene.[…] Era snervante, nauseante, ascoltare discorsi sul problema dell’essere e del conoscere, quando tutto intorno a noi era mistero che premeva per svelarsi"(Idrogeno pagina 7).
Qui la sfera
soggettiva della percezione del rischio è totalmente annichilita dall’esaltazione
giovanile di Levi, quindi la gravità percepita è nulla nonostante il rischio
reale sia elevato. Non essendoci, quindi, la dimensione della discrimen non possiamo parlare di rischio.
In Potassio la discrimen invece compare.
Nella prima
vicenda, Levi era un giovane inesperto che giocava a fare il chimico, mentre
nella seconda è uno studente dell’Università di Torino, consapevole di ciò che
sta facendo e con più esperienza, studio e maturità del giovane Levi che
abbiamo lasciato in Idrogeno. Dalla
maturità che Levi ha acquisito nel periodo trascorso tra questi due eventi,
cambia la sua responsabilità nel causare uno e l’altro danno.
Si può notare la
differenza tra la reazione di Levi dopo l’esperimento con l’elettrolisi e
quella successiva alla distillazione del sodio. Il Levi del Potassio ha raggiunto una nuova
consapevolezza in seguito alla sua esperienza col rischio: "[...] diffidare del quasi-uguale (il sodio è quasi uguale al potassio: ma col sodio non sarebbe successo nulla), del praticamente identico, del pressapoco, dell’oppure, di tutti i surrogati e ditutti i rappezzi. Le differenze possono essere piccole, ma portare a conseguenze radicalmente diverse, come gli aghi degli scambi; il mestiere del chimico consiste in buona parte nel guardarsi da queste differenze, nel conoscerle da vicino, nel prevederne gli effetti." (Potassio pagina 14). Questa
consapevolezza non compare invece in Idrogeno,
in cui il Levi fanciullo prova una sensazione di ebbrezza e soddisfazione nell’aver
portato a termine il suo primo esperimento nonostante abbia provocato un danno: "A me tremavano un po’ le gambe; provavo paura retrospettiva, e insieme una certa sciocca fierezza, per aver confermato un’ipotesi, e per aver scatenato una forza della natura. Era proprio idrogeno, dunque: lo stesso che brucia nel sole e nelle stelle, e dalla cui condensazione si formano in eterno silenzio gli universi." (Idrogeno pagina 7).
Zolfo
Il tema
dell’esperienza e della consapevolezza viene nuovamente affrontato alla fine
del libro in Zolfo.
Il capitolo racconta un'esperienza di lavoro di Lanza, un
chimico industriale che riesce ad evitare un'esplosione durante un lavoro
presso una caldaia a pressione contenente zolfo. Quando il termometro sarebbe arrivato a
200°C avrebbe dovuto svuotare lo zolfo (B41). Ma una notte la manetta non si
aziona e comincia a uscire vapore dalle fenditure. Lanza decide di svitare i
bulloni per lasciar sfiatare la pressione ma la caldaia minaccia di esplodere.
Decide così di aprire la ventola di aspirazione e tutto si calma. Lanza svuota
la caldaia e, a turno completato, si avvia a lasciare il lavoro.
L’esperienza di Lanza è un esempio di come la consapevolezza
e l’esperienza possano prevenire un rischio. Se al suo posto ci fosse stata
un’altra persona, con un altro vissuto, un’altra esperienza lavorativa, altre
accortezze, probabilmente il danno non sarebbe stato sventato. "[…] in fabbrica c’era lui solo a sapere che quel termometro era falso: magari un altro avrebbe spinto il fuoco,o si sarebbe messo lì a studiare chissà cosa per farlo salire fino a 100° come stava scritto sul buono di lavorazione" (Zolfo pagina 41).
Lanza prende una
scelta: decide di restare in quel laboratorio e affrontare il rischio.
Nonostante il pericolo e l’istinto che gli dice di lasciare tutto e scappare, Lanza si prende le
sue responsabilità tecniche e sfrutta a pieno le sue conoscenze e capacità.
“Spegni e scappa”. “Spegni tutto e scappa”. Ma non scappò: acchiappò una chiave inglese,e menava colpi sul tubo del vuoto, per tutta la sua lunghezza: doveva essere ostruito, non c’era altra ragione possibile (Zolfo pagina 41).
“Spegni e scappa”. “Spegni tutto e scappa”. Ma non scappò: acchiappò una chiave inglese,e menava colpi sul tubo del vuoto, per tutta la sua lunghezza: doveva essere ostruito, non c’era altra ragione possibile (Zolfo pagina 41).
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