Ulrich Beck
1944-2015
1944-2015
Società del rischio
La “società del rischio” significa che viviamo in un mondo fuori controllo.
Non c’è nulla di certo ma soltanto incertezza.
Ulrich Beck (15 maggio 1944 –1º gennaio 2015) è un sociologo
tedesco del XXI secolo, considerato fra i maggiori teorici
della sociologia del rischio e dei fenomeni sulla globalizzazione e
sull’individualizzazione. Nella sua opera maggiore: 'La società del rischio',
Beck propose una distinzione ben precisa tra una prima e una seconda fase della
modernità. La prima si è resa necessaria come diretta conseguenza
degli effetti derivanti dall’avvento e dall’estensione delle rivoluzioni
politiche e industriali. Essa, in particolare nel secolo scorso, si è
contraddistinta per la creazione di una società a tutti gli effetti statale e
nazionale, dotata di burocrazia amministrativa, strutture collettive e gerarchia
nei rapporti di produzione. Il sociologo osserva che nella seconda fase della modernità, ossia
quella che stiamo oggigiorno attraversando, ci stiamo impegnando profondamente
in una discussione e in una riflessione analitica di queste “conquiste ed
acquisizioni”, sostenendo che stiamo vivendo una fase di “modernità
riflessiva”.
"Quando parlo di 'società del rischio' è in quest’ultimo senso, ovvero quello delle incertezze fabbricate. Queste 'vere' incertezze, imposte dalle rapide innovazioni tecnologiche e dalle reazioni sociali accelerate, stanno creando un paesaggio del rischio globale fondamentalmente nuovo. In tutte queste nuove tecnologie dal rischio incerto, noi siamo separati dal possibile e dagli effetti da un oceano di non sapere".
"Quando parlo di 'società del rischio' è in quest’ultimo senso, ovvero quello delle incertezze fabbricate. Queste 'vere' incertezze, imposte dalle rapide innovazioni tecnologiche e dalle reazioni sociali accelerate, stanno creando un paesaggio del rischio globale fondamentalmente nuovo. In tutte queste nuove tecnologie dal rischio incerto, noi siamo separati dal possibile e dagli effetti da un oceano di non sapere".
Secondo Beck viviamo in una società mondiale del rischio, in una società globale della 'caoticità' e di
ciò ne dobbiamo prendere atto. Dinanzi a queste sfide di un’urgenza non
sottovalutabile, ma anche non pienamente identificabile, il sociologo invita gli
Stati moderni a non farsi trovare impreparati.
"Il
concetto di rischio è un concetto moderno e presuppone decisioni che tentano di
rendere prevedibili e controllabili le conseguenze della civilizzazione. La
novità della società del rischio risiede nel fatto che le nostre decisioni di
civiltà coinvolgono conseguenze globali e pericoli e ciò contraddice
radicalmente il linguaggio istituzionalizzato del controllo – anzi la promessa
di controllo – che è irradiato al pubblico globale nell’evento catastrofico. L’esplosività politica non può essere
descritta e misurata nel linguaggio del rischio, né in formule scientifiche. In
essa 'esplode' la responsabilità, la pretesa di razionalità e la legittimazione
tramite un contatto con la realtà. L’altra faccia della riconosciuta presenza
del pericolo è il fallimento delle istituzioni che traggono la loro autorità
dal loro presunto controllo di tali pericoli".
Beck
espone come nella precedente società i rischi erano interiorizzati e
giustificati affidandosi al sopranaturale e così superati tramite il progresso.
Ma l’eccesso di sviluppo e modernizzazione è, nella società attuale, causa
stessa del rischio: "I rischi che ci
troviamo di fronte non possono essere limitati dal punto di vista spaziale,
temporale o sociale. Le regole istituite di attribuzione e responsabilità –
causalità, colpevolezza, giustizia – crollano. Ciò significa che la loro
attenta applicazione alla ricerca e alla giurisdizione sortisce l’effetto
contrario: i pericoli aumentano e la loro anonimizzazione è legittimata. la
differenza principale fra la cultura pre-moderna della paura e la seconda
cultura moderna della paura è che nella pre-modernità i pericoli e le paure
potevano essere attribuiti agli dèi, a Dio, alla natura, e la promessa della
modernità era quella di superare queste minacce attraverso una maggiore
modernizzazione e un maggiore progresso – più scienza, più mercato, tecnologie
nuove e migliori, standard di sicurezza, ecc. Nell’epoca del rischio, le
minacce che ci troviamo di fronte non possono essere attribuite a Dio o alla
natura, ma alla “modernizzazione” e al “progresso” stesso. Così la cultura
della paura deriva dal fatto paradossale che le istituzioni che sono preposte
al controllo hanno prodotto incontrollabilità".
Ma
cosa crea il rischio nella società moderna?
"Un rischio non può essere considerato
in sé e per sé. Esso è sempre contestualizzato nei criteri impiegati nel valutarlo
e caratterizzato da ipotesi culturali che lo circondano. In altre parole, i rischi
sono grandi quanto appaiono. È sbagliato, dunque, considerare i giudizi sociali e culturali come
cose che possono soltanto falsare la percezione del rischio. Senza giudizi
sociali e culturali, non ci sono rischi. Questi giudizi costituiscono il
rischio, sebbene spesso in modi nascosti". [4]
Nessun commento:
Posta un commento