Mappa concettuale
lunedì 17 giugno 2019
venerdì 14 giugno 2019
Il rischio nella mitologia
Nel mondo dalle mitologia greca governato da dei con poteri
straordinari grazie ai quali possono creare dal nulla cose favolose, è
difficile trovare un esempio di ingegno umano, dove solo la creatività è la
chiave per la risoluzione per problemi pratici. E di conseguenza è difficile trovare un esempio dove la decisione e la scelta umana, siano i soli due strumenti per evitare il rischio di avere un danno.
L’idea di Dedalo fu geniale: dopo aver succhiato il miele dai favi dall’alveare fece sciogliere la cera facendo convogliare i raggi solari su una lente di ingrandimento: con la stessa cera disegnò le sagome di quattro ali. Quando la cera era ancora morbida e malleabile infilò le penne dei piccioni che Icaro aveva raccolto dal soffitto e infine completò le ali con delle imbracature di cuoio utilizzando la cintura e i sandali.
Dedalo però raccomandò al figlio di non spingersi troppo in alto e di mantenere la direzione verso ovest. “Se ti avvicini troppo al Sole la cera potrebbe sciogliersi e quindi rischi di precipitare!”, avvisò. Ma Icaro era troppo preso dall’emozione del volo e non aveva neppure ascoltato l’avvertimento del padre.
La cera che teneva unite le piume si sciolse ed egli cadde nel mare. Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. [10]
Possiamo trovare delle similitudini tra Icaro e il protagonista di "Idrogeno", entrambi sono ancora giovani, dunque vale ancora il rischio, la sfida, il pericolo, il gioco.
Entrambi ignorano i comandi che gli vengono imposti e si sentono ineluttabili verso il futuro, come se niente potesse fermarli.
Il sole che scioglie le ali di Icaro e l'ampolla che va in frantumi di Primo Levi, sono la metafora della realtà che inevitabilmente riporta i nostri protagonisti con i piedi per terra.
Dato che il rischio è sì fatto di probabilità (alea) e di gravità (periculum) ma anche di decisione (discrimen) in questo particolare caso si può parlare di rischio, in quanto sussistono tutte e tre le componenti.
Il mito di Icaro
Icaro era figlio di Dedalo e di una delle
schiave del re Minosse, Naucrate. Dedalo, che viveva a Creta, era un abile fabbro
e per questo Minosse, che regnava sull’isola, lo aveva designato come suo
“inventore ufficiale”.
Era stato lui, infatti, a progettare il
labirinto nel quale Minosse aveva rinchiuso il terribile Minotauro. Ma il
mostro venne ucciso da Teseo con l’aiuto della figlia di Minosse, Arianna, che
si era innamorata dell’eroe. Il re di Creta accusò Dedalo di essere intervenuto
ad aiutare Teseo nella sua impresa e lo imprigionò con il figlio Icaro. I
due furono rinchiusi nella palazzo di Cnosso, e dopo qualche giorno
escogitarono un piano per fuggire dalla torre.L’idea di Dedalo fu geniale: dopo aver succhiato il miele dai favi dall’alveare fece sciogliere la cera facendo convogliare i raggi solari su una lente di ingrandimento: con la stessa cera disegnò le sagome di quattro ali. Quando la cera era ancora morbida e malleabile infilò le penne dei piccioni che Icaro aveva raccolto dal soffitto e infine completò le ali con delle imbracature di cuoio utilizzando la cintura e i sandali.
Dedalo però raccomandò al figlio di non spingersi troppo in alto e di mantenere la direzione verso ovest. “Se ti avvicini troppo al Sole la cera potrebbe sciogliersi e quindi rischi di precipitare!”, avvisò. Ma Icaro era troppo preso dall’emozione del volo e non aveva neppure ascoltato l’avvertimento del padre.
La cera che teneva unite le piume si sciolse ed egli cadde nel mare. Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. [10]
Jacob Peter Gowy, La caduta di Icaro (1636-1638)
Possiamo trovare delle similitudini tra Icaro e il protagonista di "Idrogeno", entrambi sono ancora giovani, dunque vale ancora il rischio, la sfida, il pericolo, il gioco.
Entrambi ignorano i comandi che gli vengono imposti e si sentono ineluttabili verso il futuro, come se niente potesse fermarli.
Il sole che scioglie le ali di Icaro e l'ampolla che va in frantumi di Primo Levi, sono la metafora della realtà che inevitabilmente riporta i nostri protagonisti con i piedi per terra.
Dato che il rischio è sì fatto di probabilità (alea) e di gravità (periculum) ma anche di decisione (discrimen) in questo particolare caso si può parlare di rischio, in quanto sussistono tutte e tre le componenti.
The Human Element
Fotografia ambientale
In questi giorni, in via Montebello a Torino proprio sotto la Mola Antonelliana, é stata allestita per strada una mostra fotografica con lo scopo di sensibilizzare la gente al rischio ambientale.
The Human Element (USA 2018, 76′), seguendo i passi dell’acclamato fotografo James Balog, si propone di mostrare al pubblico la precarietà del sistema Terra, in preda all’instabilità delle forze fondamentali che governano il mondo: Terra, Aria, Acqua, Fuoco… e del quinto elemento, l’Uomo. Balog è un testimonial che con i suoi scatti da anni mira a tradurre in immagini il delicato rapporto tra componente umana e naturale, ormai pericolosamente in bilico. The Human Element vuole sottoporre alle nostre menti e alle nostre coscienze un altro problema: in questo sistema fortemente a rischio, l’elemento antropico è l’unico ad avere realmente il potere di cambiare le cose. Come? Modificando una volta per tutte un approccio basato essenzialmente sul cieco sfruttamento di risorse considerate erroneamente inesauribili a disposizione dell’ingordigia umana.
Nel momento in cui l’attività antropica altera gli elementi fondamentali all’origine della vita, quegli stessi elementi rispondono impattando, a loro volta, sull’esistenza dell’uomo. Balog testimonia questo legame a doppio nodo e doppio senso utilizzando un linguaggio chiaro e diretto: quello delle immagini, catturate in situazioni di emergenza ambientale. [9]
Incendio nella foresta boreale |
Centrale a carbone |
mercoledì 12 giugno 2019
Rischio ambientale
L’ingegneria ambientale e la prevenzione del
rischio
Sempre di più si
sta diffondendo l’allerta del rischio ambientale: surriscaldamento globale,
inquinamento, buco nell’ozono, ecc.
L’ambiente è ciò
che ci circonda e ogni rischio viene dunque dall’ambiente, ma questo a sua
volta è modificato dall’azione umana. Ecco perché quando si parla di rischio è
importante precisare che si tratta di rischio ambientale “oggi”. Quando la
specie umana non era ancora comparsa e dove anche adesso è assente il rischio
(almeno dal nostro punto di vista) era ed è pari a zero.
Ai
rischi “naturali” abbiamo aggiunto inquinamento (atmosferico, idrico, termico,
del suolo, acustico, luminoso, elettromagnetico), emissioni di gas a effetto
serra, impianti industriali, deforestazione, dighe, infrastrutture, … Abbiamo,
insomma, enfatizzato molti fenomeni naturali (si pensi ad esempio agli eventi
meteorologici estremi o al dissesto idrogeologico) e introdotto nuovi rischi,
con una accelerazione di tipo esponenziale e conseguenze sociali sempre più
gravi. [8]
In questo l’ingegneria
ci può dare una grossa mano.
L'ingegnere
ambientale sfrutta competenze ingegneristiche per risolvere problematiche
legate all'ambiente. Previene, controlla e minimizza gli effetti nocivi
delle attività dell'uomo o i danni che possono derivare da eventi naturali
eccezionali e promuove la gestione consapevole del territorio, lavora per rilevare, analizzare, prevenire e contenere i rischi legati alla cattiva
gestione dell'ambiente, naturale e costruito e delle risorse naturali.
Il concetto di rischio si riferisce in modo generale
alla possibilità che qualche evento negativo si realizzi. Esso può essere
volontario (deliberatamente assunto da un individuo) o involontario (assunzione
del rischio non controllabile dall’individuo). Per rischio ambientale ci si
riferisce alla probabilità che si abbia un danno in seguito all’esposizione ad
un pericolo connesso all’ambiente. Al fine di intraprendere azioni per evitare
o minimizzare un rischio (risk management) è necessario effettuarne un’accurata
analisi.
L’analisi si
compone di due fasi: valutazione del rischio e controllo del rischio.
·
Identificazione del
pericolo attraverso ricerche scientifiche e raccolta dati (gli scienziati
analizzano una relazione causale tra un agente inquinante ed effetti negativi
sull’ecologia/salute)
·
Analisi della risposta
alla dose (valutazione dei danni derivanti dall’esposizione a diverse dosi di
un agente inquinante)
·
Analisi dell’esposizione
al rischio (fonte dell’agente inquinante, livello di concentrazione dell’inquinante
alla fonte, percorso dell’inquinante tra la sorgente e la
popolazione/ecosistema esposto, esposizione della popolazione all’esposizione)
·
Caratterizzazione del
rischio (descrizione del rischio a livello sia qualitativo che quantitativo)
Il controllo del
rischio prevede la determinazione del “rischio accettabile” e la valutazione e
selezione degli strumenti di politica.
Nel processo di
analisi vengono utilizzate competenze multidisciplinari (chimica, biologia,
ingegneria, geologia, economia, …). [7]
venerdì 7 giugno 2019
Legami fra le parole chiave
Rischio
art. 2, lettera s, D.Lgs. 81/08
Probabilità di raggiungimento del livello
potenziale di danno nelle condizioni di
impiego o di esposizione ad un
determinato fattore o agente oppure
alla loro combinazione.
Il rischio è un concetto probabilistico, è la probabilità che accada
un certo evento capace di causare un danno alle persone. La
nozione di rischio implica l’esistenza di una sorgente di pericolo e
delle possibilità che essa si trasformi in un danno.
Pericolo
art. 2, lettera r, D.Lgs. 81/08
Proprietà o qualità intrinseca di un
determinato fattore avente il
potenziale di causare danni.
Il pericolo è una proprietà intrinseca (della situazione, oggetto,
sostanza, ecc.) non legata a fattori esterni che, per le sue proprietà o caratteristiche, ha la capacità
di causare un danno alle persone.
Danno
Qualunque conseguenza negativa derivante dal verificarsi dell’evento. Lesione fisica o alla salute. Gravità delle conseguenze che si verificano al concretizzarsi del pericolo.
Prevenzione
art. 2, lettera n, D.Lgs. 81/08
Il complesso delle disposizioni o misure
necessarie anche secondo la
particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, per evitare o diminuire i rischi
professionali nel rispetto della salute
della popolazione e dell'integrità'
dell'ambiente esterno.
Tramite l'esperienza posso prevenire un possibile danno, operare delle scelte e avere maggiore consapevolezza del contesto.
Esperienza
Conoscenza acquisita attraverso la pratica e diretta osservazione.
Attraverso l'esperienza posso valutare il rischio e quindi prendere delle scelte per cercare di prevenirlo.
Consapevolezza
Essere consapevoli. La consapevolezza è dettata dall'esperienza del singolo e fa sì che esso possa operare delle scelte.
Scelta
Libero atto di volontà per cui, tra due o più offerte, proposte, possibilità o disponibilità, si manifesta o dichiara di preferirne una (in qualche caso anche più di una), ritenendola migliore, più adatta o conveniente delle altre, in base a criterî oggettivi oppure personali di giudizio, talora anche dietro la spinta di impulsi momentanei, che comunque implicano sempre una decisione. Selezione operata separando, in un insieme di oggetti o di prodotti, quelli migliori da quelli meno buoni, meno riusciti o più scadenti.
Affinchè ci sia rischio il singolo deve operare una scelta, questa implica la responsabilità della scelta presa. Inoltre la scelta è dettata dall'esperienza e dalla consapevolezza dell'individuo.
Responsabilità
Obbligo/coscienza del rendere conto del proprio operato.
Il singolo è responsabile delle proprie scelte e della valutazione e successiva prevenzione operata (o meno) sul rischio.
Caso
Avvenimento fortuito, accidentale e imprevisto.
Il caso incide in maniera importante sul rischio e sull'eventuale danno successivo.
Bibliografia
Introduzione
RISCHIO
Il sistema periodico
di P.Levi
Cos’è il rischio? Come lo percepisce l’uomo? È possibile prevenirlo? In che modo se n’è
parlato in filosofia? Nell’ingegneria è presente il rischio?
Per elaborare il concetto di rischio ci siamo
posti queste domande e abbiamo cercato le risposte attraverso la lettura de Il sistema periodico di Primo Levi, il
pensiero di alcuni filosofi contemporanei e l’analisi di casi
ingegneristici.
Introduzione
Il rischio è un elemento partecipe nel lavoro di un
ingegnere, va quindi esaminato durante la stesura di un progetto in modo tale
da evitarlo.
Il rischio è tale se compaiono all’interno di un fenomeno tre
componenti:
·
il periculum, ovvero un evento che causa
uno o più danni
·
l’alea, la componente statistica non
prevedibile
·
la discrimen, cioè la necessità di operare
una scelta
se sono presenti questi tre aspetti allora c’è rischio e se
c’è rischio potrebbe esserci danno.
Pericolo, variabile aleatoria e discrezionalità devono essere
considerati contemporaneamente, solo così c’è la possibilità di valutare e
prevenire un eventuale rischio.
Il compito dell’ingegnere è quello di ideare progetti che
fruiscano all’uomo senza poter provocare un danno.
Dove può intervenire l’uomo per evitarlo? Sulla discrimen.
L’ingegnere deve saper scegliere il materiale più adatto, valutare il luogo in
cui posizionare il frutto del progetto, stabilirne i limiti e così via.
Ma la scelta deve essere conforme alla consapevolezza del
singolo nei confronti dei rischi che possono eventualmente presentarsi nel suo
approccio con la machina. Ed è
proprio dalla scelta che si opera che entra in gioco la responsabilità: una
volta che prendiamo una scelta ne siamo responsabili e rispondiamo di eventuali
errori. L’esperienza, che fa maturare in noi anche una nuova consapevolezza del
progetto e del contesto che ne sta attorno, cambia le scelte che decidiamo di
prendere.
Il rischio ne "Il sistema periodico" di P.Levi
Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio
1919 – Torino, 11 aprile
1987) è stato uno scrittore,
partigiano
e chimico
italiano, autore di racconti, memorie, poesie, saggi e romanzi.
Frequentò
il liceo classico e nel 1937 si
iscrisse all’Università degli
Studi di Torino, alla facoltà di Chimica.
L’anno successivo in Italia entrarono in vigore le leggi razziali.
Laureato con lode nel 1941, sul suo diploma di laurea compariva l’indicazione: “Di
razza ebraica”Nel dicembre 1943 fu arrestato dalla milizia fascista e portato al campo di Fossoli, in provincia di Modena. Da qui fu trasferito ad Auschwitz.
Venne collocato presso uno degli stabilimenti chimici più grandi d’Europa. In quanto chimico, Levi ottenne un incarico come specialista di laboratorio, posizione che gli permise di ottenere condizioni di vita meno faticose.
Scampato al lager, tornò in Italia, dove si dedicò con impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite.
La sua opera più famosa, "Se questo è un uomo", racconta le sue
terribili esperienze nel campo di sterminio nazista ed è considerato un
classico della letteratura mondiale.
Introduzione
Il rischio è
ormai unanimemente considerato come il prodotto tra la probabilità di un evento
e la sua gravità; la
valutazione del
rischio consiste
nella stima globale di tali probabilità e gravità, tutto allo scopo di
scegliere le adeguate misure di sicurezza.
R = P × Vu × Val
dove
·
P
è la pericolosità dell'evento in analisi, ovvero la probabilità che un fenomeno accada in un determinato spazio con un determinato tempo di ritorno;
·
Vu
è la vulnerabilità, ovvero la predisposizione da parte
di persone, beni o attività a subire danni o modificazioni a causa del
verificarsi di un evento;
·
Val
è il valore che l'elemento esposto al pericolo assume in termini di vite umane,
economici, artistici, culturali, .... [2]
La valutazione del rischio, quindi,
non è così semplice: non si tratta solamente di probabilità, ma piuttosto di
gravità percepita. [1] Questo
tema viene trattato in due capitoli de Il
sistema periodico di Primo Levi: Idrogeno
e Potassio.
Idrogeno e Potassio
Idrogeno e Potassio
Nel primo
capitolo lo scrittore racconta una vicenda di se stesso sedicenne che spinto dalla
curiosità, dall’incoscienza e dalla noia, i principali motori dell’adolescenza,
si trova nel laboratorio del fratello di Enrico, suo amico, ad usare
attrezzature da chimico, nonostante sia lui che Enrico fossero privi di ogni
conoscenze necessaria alla sicurezza. Lo stesso Levi scrittore riconosce che
era mosso da una fame di conoscenza irrazionale tipica dell’ingenuità della
giovinezza: "Ero sazio di libri, che pure continuavo a ingoiare con voracità indiscreta, e cercavo un’altra chiave per isommi veri: una chiave ci doveva pur essere, ed ero sicuro che, per una qualche mostruosa congiura ai danni miei e del mondo, non l’avrei avuta dalla scuola. A scuola mi somministravano tonnellate di nozioni che digerivo con diligenza, ma che non mi riscaldavano le vene.[…] Era snervante, nauseante, ascoltare discorsi sul problema dell’essere e del conoscere, quando tutto intorno a noi era mistero che premeva per svelarsi"(Idrogeno pagina 7).
Qui la sfera
soggettiva della percezione del rischio è totalmente annichilita dall’esaltazione
giovanile di Levi, quindi la gravità percepita è nulla nonostante il rischio
reale sia elevato. Non essendoci, quindi, la dimensione della discrimen non possiamo parlare di rischio.
In Potassio la discrimen invece compare.
Nella prima
vicenda, Levi era un giovane inesperto che giocava a fare il chimico, mentre
nella seconda è uno studente dell’Università di Torino, consapevole di ciò che
sta facendo e con più esperienza, studio e maturità del giovane Levi che
abbiamo lasciato in Idrogeno. Dalla
maturità che Levi ha acquisito nel periodo trascorso tra questi due eventi,
cambia la sua responsabilità nel causare uno e l’altro danno.
Si può notare la
differenza tra la reazione di Levi dopo l’esperimento con l’elettrolisi e
quella successiva alla distillazione del sodio. Il Levi del Potassio ha raggiunto una nuova
consapevolezza in seguito alla sua esperienza col rischio: "[...] diffidare del quasi-uguale (il sodio è quasi uguale al potassio: ma col sodio non sarebbe successo nulla), del praticamente identico, del pressapoco, dell’oppure, di tutti i surrogati e ditutti i rappezzi. Le differenze possono essere piccole, ma portare a conseguenze radicalmente diverse, come gli aghi degli scambi; il mestiere del chimico consiste in buona parte nel guardarsi da queste differenze, nel conoscerle da vicino, nel prevederne gli effetti." (Potassio pagina 14). Questa
consapevolezza non compare invece in Idrogeno,
in cui il Levi fanciullo prova una sensazione di ebbrezza e soddisfazione nell’aver
portato a termine il suo primo esperimento nonostante abbia provocato un danno: "A me tremavano un po’ le gambe; provavo paura retrospettiva, e insieme una certa sciocca fierezza, per aver confermato un’ipotesi, e per aver scatenato una forza della natura. Era proprio idrogeno, dunque: lo stesso che brucia nel sole e nelle stelle, e dalla cui condensazione si formano in eterno silenzio gli universi." (Idrogeno pagina 7).
Zolfo
Il tema
dell’esperienza e della consapevolezza viene nuovamente affrontato alla fine
del libro in Zolfo.
Il capitolo racconta un'esperienza di lavoro di Lanza, un
chimico industriale che riesce ad evitare un'esplosione durante un lavoro
presso una caldaia a pressione contenente zolfo. Quando il termometro sarebbe arrivato a
200°C avrebbe dovuto svuotare lo zolfo (B41). Ma una notte la manetta non si
aziona e comincia a uscire vapore dalle fenditure. Lanza decide di svitare i
bulloni per lasciar sfiatare la pressione ma la caldaia minaccia di esplodere.
Decide così di aprire la ventola di aspirazione e tutto si calma. Lanza svuota
la caldaia e, a turno completato, si avvia a lasciare il lavoro.
L’esperienza di Lanza è un esempio di come la consapevolezza
e l’esperienza possano prevenire un rischio. Se al suo posto ci fosse stata
un’altra persona, con un altro vissuto, un’altra esperienza lavorativa, altre
accortezze, probabilmente il danno non sarebbe stato sventato. "[…] in fabbrica c’era lui solo a sapere che quel termometro era falso: magari un altro avrebbe spinto il fuoco,o si sarebbe messo lì a studiare chissà cosa per farlo salire fino a 100° come stava scritto sul buono di lavorazione" (Zolfo pagina 41).
Lanza prende una
scelta: decide di restare in quel laboratorio e affrontare il rischio.
Nonostante il pericolo e l’istinto che gli dice di lasciare tutto e scappare, Lanza si prende le
sue responsabilità tecniche e sfrutta a pieno le sue conoscenze e capacità.
“Spegni e scappa”. “Spegni tutto e scappa”. Ma non scappò: acchiappò una chiave inglese,e menava colpi sul tubo del vuoto, per tutta la sua lunghezza: doveva essere ostruito, non c’era altra ragione possibile (Zolfo pagina 41).
“Spegni e scappa”. “Spegni tutto e scappa”. Ma non scappò: acchiappò una chiave inglese,e menava colpi sul tubo del vuoto, per tutta la sua lunghezza: doveva essere ostruito, non c’era altra ragione possibile (Zolfo pagina 41).
Beck
Ulrich Beck
1944-2015
1944-2015
Società del rischio
La “società del rischio” significa che viviamo in un mondo fuori controllo.
Non c’è nulla di certo ma soltanto incertezza.
Ulrich Beck (15 maggio 1944 –1º gennaio 2015) è un sociologo
tedesco del XXI secolo, considerato fra i maggiori teorici
della sociologia del rischio e dei fenomeni sulla globalizzazione e
sull’individualizzazione. Nella sua opera maggiore: 'La società del rischio',
Beck propose una distinzione ben precisa tra una prima e una seconda fase della
modernità. La prima si è resa necessaria come diretta conseguenza
degli effetti derivanti dall’avvento e dall’estensione delle rivoluzioni
politiche e industriali. Essa, in particolare nel secolo scorso, si è
contraddistinta per la creazione di una società a tutti gli effetti statale e
nazionale, dotata di burocrazia amministrativa, strutture collettive e gerarchia
nei rapporti di produzione. Il sociologo osserva che nella seconda fase della modernità, ossia
quella che stiamo oggigiorno attraversando, ci stiamo impegnando profondamente
in una discussione e in una riflessione analitica di queste “conquiste ed
acquisizioni”, sostenendo che stiamo vivendo una fase di “modernità
riflessiva”.
"Quando parlo di 'società del rischio' è in quest’ultimo senso, ovvero quello delle incertezze fabbricate. Queste 'vere' incertezze, imposte dalle rapide innovazioni tecnologiche e dalle reazioni sociali accelerate, stanno creando un paesaggio del rischio globale fondamentalmente nuovo. In tutte queste nuove tecnologie dal rischio incerto, noi siamo separati dal possibile e dagli effetti da un oceano di non sapere".
"Quando parlo di 'società del rischio' è in quest’ultimo senso, ovvero quello delle incertezze fabbricate. Queste 'vere' incertezze, imposte dalle rapide innovazioni tecnologiche e dalle reazioni sociali accelerate, stanno creando un paesaggio del rischio globale fondamentalmente nuovo. In tutte queste nuove tecnologie dal rischio incerto, noi siamo separati dal possibile e dagli effetti da un oceano di non sapere".
Secondo Beck viviamo in una società mondiale del rischio, in una società globale della 'caoticità' e di
ciò ne dobbiamo prendere atto. Dinanzi a queste sfide di un’urgenza non
sottovalutabile, ma anche non pienamente identificabile, il sociologo invita gli
Stati moderni a non farsi trovare impreparati.
"Il
concetto di rischio è un concetto moderno e presuppone decisioni che tentano di
rendere prevedibili e controllabili le conseguenze della civilizzazione. La
novità della società del rischio risiede nel fatto che le nostre decisioni di
civiltà coinvolgono conseguenze globali e pericoli e ciò contraddice
radicalmente il linguaggio istituzionalizzato del controllo – anzi la promessa
di controllo – che è irradiato al pubblico globale nell’evento catastrofico. L’esplosività politica non può essere
descritta e misurata nel linguaggio del rischio, né in formule scientifiche. In
essa 'esplode' la responsabilità, la pretesa di razionalità e la legittimazione
tramite un contatto con la realtà. L’altra faccia della riconosciuta presenza
del pericolo è il fallimento delle istituzioni che traggono la loro autorità
dal loro presunto controllo di tali pericoli".
Beck
espone come nella precedente società i rischi erano interiorizzati e
giustificati affidandosi al sopranaturale e così superati tramite il progresso.
Ma l’eccesso di sviluppo e modernizzazione è, nella società attuale, causa
stessa del rischio: "I rischi che ci
troviamo di fronte non possono essere limitati dal punto di vista spaziale,
temporale o sociale. Le regole istituite di attribuzione e responsabilità –
causalità, colpevolezza, giustizia – crollano. Ciò significa che la loro
attenta applicazione alla ricerca e alla giurisdizione sortisce l’effetto
contrario: i pericoli aumentano e la loro anonimizzazione è legittimata. la
differenza principale fra la cultura pre-moderna della paura e la seconda
cultura moderna della paura è che nella pre-modernità i pericoli e le paure
potevano essere attribuiti agli dèi, a Dio, alla natura, e la promessa della
modernità era quella di superare queste minacce attraverso una maggiore
modernizzazione e un maggiore progresso – più scienza, più mercato, tecnologie
nuove e migliori, standard di sicurezza, ecc. Nell’epoca del rischio, le
minacce che ci troviamo di fronte non possono essere attribuite a Dio o alla
natura, ma alla “modernizzazione” e al “progresso” stesso. Così la cultura
della paura deriva dal fatto paradossale che le istituzioni che sono preposte
al controllo hanno prodotto incontrollabilità".
Ma
cosa crea il rischio nella società moderna?
"Un rischio non può essere considerato
in sé e per sé. Esso è sempre contestualizzato nei criteri impiegati nel valutarlo
e caratterizzato da ipotesi culturali che lo circondano. In altre parole, i rischi
sono grandi quanto appaiono. È sbagliato, dunque, considerare i giudizi sociali e culturali come
cose che possono soltanto falsare la percezione del rischio. Senza giudizi
sociali e culturali, non ci sono rischi. Questi giudizi costituiscono il
rischio, sebbene spesso in modi nascosti". [4]
Kierkegaard
Søren Kierkegaard
1813-1855 Copenaghen
1813-1855 Copenaghen
Aut-Aut
Il tema della discrimen è centrale nella trattazione
del rischio. Il testo filosofico di Kierkegaard Aut-Aut impone una scelta, l’autore vuole far si che il
lettore prenda una decisione: deve decidere come vuole vivere la sua vita,
invece di andare passivamente alla deriva lasciandosi semplicemente scivolare
lungo il “fiume della vita”. Kierkegaard sottolinea con forza una
prospettiva incentrata sulla persona, che si caratterizza per la possibilità di
scelta libera e tra alternative inconciliabili, un aut-aut, che impegna la
persona nella sua libertà personale.
“[…]
l'impulso interiore della personalità corre costantemente in avanti, e pone,
ora in un modo ora nell'altro, i termini della scelta, sì che la scelta
nell'attimo seguente diventa più difficile... Immagina un capitano sulla sua
nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire: bisogna fare
questo o quello; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si
renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza con la
solita velocità, e che così è solo un istante quello in cui sia indifferente se
egli faccia questo o quello. Così anche l'uomo, se dimentica di calcolare
questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della
scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto.” (Aut-Aut,
Kierkegaard)
Il filosofo
danese afferma che la scelta deve essere presa in un intervallo di tempo
limitato, oltre il quale l’azione del singolo non ha più efficacia. Quando
Lanza, protagonista del capitolo zolfo de
Il sistema periodico, decide di
svitare i bulloni, aprire la ventole e svuotare la caldaia, prende una scelta
in un instante di tempo tale da evitare un danno. Ma cosa sarebbe capitato se
avesse ritardato queste scelte? Probabilmente sarebbe esploso tutto il
laboratorio.
Crollo del ponte
La vicenda del Ponte
Morandi
L’ingegneria ha
come compito quello di progettare opere che non creino danno per l’uomo. Ma
quando vengono a mancare alcune condizioni, le opere ingegneristiche diventano
trappole mortali. È l’esempio del viadotto di Polcevera, meglio noto come ponte
Morandi. La sua costruzione ad opera dell’ingegner Riccardo Morandi venne vista
come innovativa e di importanza strategica. Ma ben presto sorsero difetti. Il
ponte subì usura a causa dell’acqua del torrente e dei fumi di una fabbrica
vicina ed era quotidianamente sottoposto ad un peso eccessivo: infatti il traffico
che lo attraversava era maggiore del limite massimo che la struttura poteva
sopportare. Per cui nonostante la solidità del materiale che lo componeva (calcestruzzo
armato) e i lavori di manutenzione attuati a partire dagli anni 80, la
struttura peggiorò fino a collassare parzialmente il 14 agosto 2018. La
struttura sovrastava alcune abitazioni poste ai margini del torrente.
Coloro che nel
momento si trovavano sul ponte non erano a rischio: erano presenti periculum e alea ma mancava la discrimen. Coloro i quali vivevano nelle
case al di sotto del ponte erano consapevoli del danno che avrebbero corso
qualora il ponte fosse crollato. Per loro il rischio c’era: erano a conoscenza
del possibile pericolo, avevano operato una scelta e il caso era partecipe;
erano presenti tutte e tre le componenti necessarie a definirlo.
giovedì 6 giugno 2019
Bibliografia
27 maggio 2019
26 maggio 2019
31 maggio 2019
31
maggio 2019
1 giugno 2019
1
giugno 2019
12 giugno 2019
12 giugno 2019
[9] http://www.ehabitat.it/2019/05/27/the-human-element/
14 giugno 2019
[10] https://cultura.biografieonline.it/icaro/
15 giugno 2019
[9] http://www.ehabitat.it/2019/05/27/the-human-element/
14 giugno 2019
[10] https://cultura.biografieonline.it/icaro/
15 giugno 2019
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