venerdì 14 giugno 2019

Il rischio nella mitologia

Nel mondo dalle mitologia greca governato da dei con poteri straordinari grazie ai quali possono creare dal nulla cose favolose, è difficile trovare un esempio di ingegno umano, dove solo la creatività è la chiave per la risoluzione per problemi pratici. E di conseguenza è difficile trovare un esempio dove la decisione e la scelta umana, siano i soli due strumenti per evitare il rischio di avere un danno.


Il mito di Icaro

Icaro era figlio di Dedalo e di una delle schiave del re Minosse, Naucrate. Dedalo, che viveva a Creta, era un abile fabbro e per questo Minosse, che regnava sull’isola, lo aveva designato come suo “inventore ufficiale”.
Era stato lui, infatti, a progettare il labirinto nel quale Minosse aveva rinchiuso il terribile Minotauro. Ma il mostro venne ucciso da Teseo con l’aiuto della figlia di Minosse, Arianna, che si era innamorata dell’eroe. Il re di Creta accusò Dedalo di essere intervenuto ad aiutare Teseo nella sua impresa e lo imprigionò con il figlio Icaro. I due furono rinchiusi nella palazzo di Cnosso, e dopo qualche giorno escogitarono un piano per fuggire dalla torre.
L’idea di Dedalo fu geniale: dopo aver succhiato il miele dai favi dall’alveare fece sciogliere la cera facendo convogliare i raggi solari su una lente di ingrandimento: con la stessa cera disegnò le sagome di quattro ali. Quando la cera era ancora morbida e malleabile infilò le penne dei piccioni che Icaro aveva raccolto dal soffitto e infine completò le ali con delle imbracature di cuoio utilizzando la cintura e i sandali.
Dedalo però raccomandò al figlio di non spingersi troppo in alto e di mantenere la direzione verso ovest. Se ti avvicini troppo al Sole la cera potrebbe sciogliersi e quindi rischi di precipitare!, avvisò. Ma Icaro era troppo preso dall’emozione del volo e non aveva neppure ascoltato l’avvertimento del padre.
La cera che teneva unite le piume si sciolse ed egli cadde nel mare. Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. [10]

Jacob Peter Gowy, La caduta di Icaro (1636-1638)

Possiamo trovare delle similitudini tra Icaro e il protagonista di "Idrogeno", entrambi sono ancora giovani, dunque vale ancora il rischio, la sfida, il pericolo, il gioco. 
Entrambi ignorano i comandi che gli vengono imposti e si sentono ineluttabili verso il futuro, come se niente potesse fermarli.
Il sole che scioglie le ali di Icaro e l'ampolla che va in frantumi di Primo Levi, sono la metafora della realtà che inevitabilmente riporta i nostri protagonisti con i piedi per terra. 
Dato che il rischio è sì fatto di probabilità (alea) e di gravità (periculum) ma anche di decisione (discrimen) in questo particolare caso si può parlare di rischio, in quanto sussistono tutte e tre le componenti.

The Human Element

Fotografia ambientale

In questi giorni, in via Montebello a Torino proprio sotto la Mola Antonelliana, é stata allestita per strada una mostra fotografica con lo scopo di sensibilizzare la gente al rischio ambientale.
The Human Element (USA 2018, 76′), seguendo i passi dell’acclamato fotografo James Balog, si propone di mostrare al pubblico la precarietà del sistema Terra, in preda all’instabilità delle forze fondamentali che governano il mondo: Terra, Aria, Acqua, Fuoco… e del quinto elemento, l’UomoBalog è un testimonial che con i suoi scatti da anni mira a tradurre in immagini il delicato rapporto tra componente umana e naturale, ormai pericolosamente in bilico. The Human Element vuole sottoporre alle nostre menti e alle nostre coscienze un altro problema: in questo sistema fortemente a rischio, l’elemento antropico è l’unico ad avere realmente il potere di cambiare le cose. Come? Modificando una volta per tutte un approccio basato essenzialmente sul cieco sfruttamento di risorse considerate erroneamente inesauribili a disposizione dell’ingordigia umana.
Nel momento in cui l’attività antropica altera gli elementi fondamentali all’origine della vita, quegli stessi elementi rispondono impattando, a loro volta, sull’esistenza dell’uomo. Balog testimonia questo legame a doppio nodo e doppio senso utilizzando un linguaggio chiaro e diretto: quello delle immagini, catturate in situazioni di emergenza ambientale. [9]



Incendio nella foresta boreale
Centrale a carbone



mercoledì 12 giugno 2019

Rischio ambientale


L’ingegneria ambientale e la prevenzione del rischio

Sempre di più si sta diffondendo l’allerta del rischio ambientale: surriscaldamento globale, inquinamento, buco nell’ozono, ecc.
L’ambiente è ciò che ci circonda e ogni rischio viene dunque dall’ambiente, ma questo a sua volta è modificato dall’azione umana. Ecco perché quando si parla di rischio è importante precisare che si tratta di rischio ambientale “oggi”. Quando la specie umana non era ancora comparsa e dove anche adesso è assente il rischio (almeno dal nostro punto di vista) era ed è pari a zero.
Ai rischi “naturali” abbiamo aggiunto inquinamento (atmosferico, idrico, termico, del suolo, acustico, luminoso, elettromagnetico), emissioni di gas a effetto serra, impianti industriali, deforestazione, dighe, infrastrutture, … Abbiamo, insomma, enfatizzato molti fenomeni naturali (si pensi ad esempio agli eventi meteorologici estremi o al dissesto idrogeologico) e introdotto nuovi rischi, con una accelerazione di tipo esponenziale e conseguenze sociali sempre più gravi. [8]
In questo l’ingegneria ci può dare una grossa mano.
L'ingegnere ambientale sfrutta competenze ingegneristiche per risolvere problematiche legate all'ambiente. Previene, controlla e minimizza gli effetti nocivi delle attività dell'uomo o i danni che possono derivare da eventi naturali eccezionali e promuove la gestione consapevole del territorio, lavora per rilevare, analizzare, prevenire e contenere i rischi legati alla cattiva gestione dell'ambiente, naturale e costruito e delle risorse naturali.
Il concetto di rischio si riferisce in modo generale alla possibilità che qualche evento negativo si realizzi. Esso può essere volontario (deliberatamente assunto da un individuo) o involontario (assunzione del rischio non controllabile dall’individuo). Per rischio ambientale ci si riferisce alla probabilità che si abbia un danno in seguito all’esposizione ad un pericolo connesso all’ambiente. Al fine di intraprendere azioni per evitare o minimizzare un rischio (risk management) è necessario effettuarne un’accurata analisi.
L’analisi si compone di due fasi: valutazione del rischio e controllo del rischio.
·       Identificazione del pericolo attraverso ricerche scientifiche e raccolta dati (gli scienziati analizzano una relazione causale tra un agente inquinante ed effetti negativi sull’ecologia/salute)
·       Analisi della risposta alla dose (valutazione dei danni derivanti dall’esposizione a diverse dosi di un agente inquinante)
·       Analisi dell’esposizione al rischio (fonte dell’agente inquinante, livello di concentrazione dell’inquinante alla fonte, percorso dell’inquinante tra la sorgente e la popolazione/ecosistema esposto, esposizione della popolazione all’esposizione)
·       Caratterizzazione del rischio (descrizione del rischio a livello sia qualitativo che quantitativo)
Il controllo del rischio prevede la determinazione del “rischio accettabile” e la valutazione e selezione degli strumenti di politica.
Nel processo di analisi vengono utilizzate competenze multidisciplinari (chimica, biologia, ingegneria, geologia, economia, …). [7]

venerdì 7 giugno 2019

Legami fra le parole chiave

Rischio
art. 2, lettera s, D.Lgs. 81/08
Probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.
Il rischio è un concetto probabilistico, è la probabilità che accada un certo evento capace di causare un danno alle persone. La nozione di rischio implica l’esistenza di una sorgente di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in un danno.

Pericolo 
art. 2, lettera r, D.Lgs. 81/08
Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni.
Il pericolo è una proprietà intrinseca (della situazione, oggetto, sostanza, ecc.) non legata a fattori esterni che, per le sue proprietà o caratteristiche, ha la capacità di causare un danno alle persone.

Danno
Qualunque conseguenza negativa derivante dal verificarsi dell’evento. Lesione fisica o alla salute. Gravità delle conseguenze che si verificano al concretizzarsi del pericolo.

Prevenzione 

art. 2, lettera n, D.Lgs. 81/08
Il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità' dell'ambiente esterno.
Tramite l'esperienza posso prevenire un possibile danno, operare delle scelte e avere maggiore consapevolezza del contesto.

Esperienza
Conoscenza acquisita attraverso la pratica e diretta osservazione.
Attraverso l'esperienza posso valutare il rischio e quindi prendere delle scelte per cercare di prevenirlo.

Consapevolezza

Essere consapevoli. La consapevolezza è dettata dall'esperienza del singolo e fa sì che esso possa operare delle scelte.

Scelta

Libero atto di volontà per cui, tra due o più offerte, proposte, possibilità o disponibilità, si manifesta o dichiara di preferirne una (in qualche caso anche più di una), ritenendola migliore, più adatta o conveniente delle altre, in base a criterî oggettivi oppure personali di giudizio, talora anche dietro la spinta di impulsi momentanei, che comunque implicano sempre una decisione. Selezione operata separando, in un insieme di oggetti o di prodotti, quelli migliori da quelli meno buoni, meno riusciti o più scadenti.
Affinchè ci sia rischio il singolo deve operare una scelta, questa implica la responsabilità della scelta presa. Inoltre la scelta è dettata dall'esperienza e dalla consapevolezza dell'individuo.

Responsabilità

Obbligo/coscienza del rendere conto del proprio operato.
Il singolo è responsabile delle proprie scelte e della valutazione e successiva prevenzione operata (o meno) sul rischio.

Caso
Avvenimento fortuito, accidentale e imprevisto. 
Il caso incide in maniera importante sul rischio e sull'eventuale danno successivo.


Bibliografia

Introduzione


RISCHIO

Il sistema periodico 

di P.Levi

Cos’è il rischio? Come lo percepisce l’uomo?  È possibile prevenirlo? In che modo se n’è parlato in filosofia? Nell’ingegneria è presente il rischio?

Per elaborare il concetto di rischio ci siamo posti queste domande e abbiamo cercato le risposte attraverso la lettura de Il sistema periodico di Primo Levi, il pensiero di alcuni filosofi contemporanei e l’analisi di casi ingegneristici.

Introduzione
Il rischio è un elemento partecipe nel lavoro di un ingegnere, va quindi esaminato durante la stesura di un progetto in modo tale da evitarlo.
Il rischio è tale se compaiono all’interno di un fenomeno tre componenti:
·       il periculum, ovvero un evento che causa uno o più danni
·       l’alea, la componente statistica non prevedibile
·       la discrimen, cioè la necessità di operare una scelta
se sono presenti questi tre aspetti allora c’è rischio e se c’è rischio potrebbe esserci danno.
Pericolo, variabile aleatoria e discrezionalità devono essere considerati contemporaneamente, solo così c’è la possibilità di valutare e prevenire un eventuale rischio.
Il compito dell’ingegnere è quello di ideare progetti che fruiscano all’uomo senza poter provocare un danno.
Dove può intervenire l’uomo per evitarlo? Sulla discrimen. L’ingegnere deve saper scegliere il materiale più adatto, valutare il luogo in cui posizionare il frutto del progetto, stabilirne i limiti e così via.
Ma la scelta deve essere conforme alla consapevolezza del singolo nei confronti dei rischi che possono eventualmente presentarsi nel suo approccio con la machina. Ed è proprio dalla scelta che si opera che entra in gioco la responsabilità: una volta che prendiamo una scelta ne siamo responsabili e rispondiamo di eventuali errori. L’esperienza, che fa maturare in noi anche una nuova consapevolezza del progetto e del contesto che ne sta attorno, cambia le scelte che decidiamo di prendere.

Il rischio ne "Il sistema periodico" di P.Levi


Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919Torino, 11 aprile 1987) è stato uno scrittore, partigiano e chimico italiano, autore di racconti, memorie, poesie, saggi e romanzi
Frequentò il liceo classico e nel 1937 si iscrisse all’Università degli Studi di Torino, alla facoltà di Chimica. L’anno successivo in Italia entrarono in vigore le leggi razziali.
Laureato con lode nel 1941, sul suo diploma di laurea compariva l’indicazione: “Di razza ebraica”
Nel dicembre 1943 fu arrestato dalla milizia fascista e portato al campo di Fossoli, in provincia di Modena. Da qui fu trasferito ad Auschwitz.
Venne collocato presso uno degli stabilimenti chimici più grandi d’Europa. In quanto chimico, Levi ottenne un incarico come specialista di laboratorio, posizione che gli permise di ottenere condizioni di vita meno faticose.
Scampato al lager, tornò in Italia, dove si dedicò con impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite. 
La sua opera più famosa,  "Se questo è un uomo", racconta le sue terribili esperienze nel campo di sterminio nazista ed è considerato un classico della letteratura mondiale.      


Introduzione 
Il rischio è ormai unanimemente considerato come il prodotto tra la probabilità di un evento e la sua gravità; la valutazione del rischio consiste nella stima globale di tali probabilità e gravità, tutto allo scopo di scegliere le adeguate misure di sicurezza.
R = P × Vu × Val
dove
·        P è la pericolosità dell'evento in analisi, ovvero la probabilità che un fenomeno accada in un determinato spazio con un determinato tempo di ritorno;
·        Vu è la vulnerabilità, ovvero la predisposizione da parte di persone, beni o attività a subire danni o modificazioni a causa del verificarsi di un evento;
·        Val è il valore che l'elemento esposto al pericolo assume in termini di vite umane, economici, artistici, culturali, .... [2]
La valutazione del rischio, quindi, non è così semplice: non si tratta solamente di probabilità, ma piuttosto di gravità percepita.  [1] Questo tema viene trattato in due capitoli de Il sistema periodico di Primo Levi: Idrogeno e Potassio.
Idrogeno e Potassio
Nel primo capitolo lo scrittore racconta una vicenda di se stesso sedicenne che spinto dalla curiosità, dall’incoscienza e dalla noia, i principali motori dell’adolescenza, si trova nel laboratorio del fratello di Enrico, suo amico, ad usare attrezzature da chimico, nonostante sia lui che Enrico fossero privi di ogni conoscenze necessaria alla sicurezza. Lo stesso Levi scrittore riconosce che era mosso da una fame di conoscenza irrazionale tipica dell’ingenuità della giovinezza: "Ero sazio di libri, che pure continuavo a ingoiare con voracità indiscreta, e cercavo un’altra chiave per isommi veri: una chiave ci doveva pur essere, ed ero sicuro che, per una qualche mostruosa congiura ai danni miei e del mondo, non l’avrei avuta dalla scuola. A scuola mi somministravano tonnellate di nozioni che digerivo con diligenza, ma che non mi riscaldavano le vene.[…] Era snervante, nauseante, ascoltare discorsi sul problema dell’essere e del conoscere, quando tutto intorno a noi era mistero che premeva per svelarsi"(Idrogeno pagina 7)
Qui la sfera soggettiva della percezione del rischio è totalmente annichilita dall’esaltazione giovanile di Levi, quindi la gravità percepita è nulla nonostante il rischio reale sia elevato. Non essendoci, quindi, la dimensione della discrimen non possiamo parlare di rischio.
In Potassio la discrimen invece compare.
Nella prima vicenda, Levi era un giovane inesperto che giocava a fare il chimico, mentre nella seconda è uno studente dell’Università di Torino, consapevole di ciò che sta facendo e con più esperienza, studio e maturità del giovane Levi che abbiamo lasciato in Idrogeno. Dalla maturità che Levi ha acquisito nel periodo trascorso tra questi due eventi, cambia la sua responsabilità nel causare uno e l’altro danno.
Zolfo
Il tema dell’esperienza e della consapevolezza viene nuovamente affrontato alla fine del libro in Zolfo.
Il capitolo racconta un'esperienza di lavoro di Lanza, un chimico industriale che riesce ad evitare un'esplosione durante un lavoro presso una caldaia a pressione contenente zolfo. Quando il termometro sarebbe arrivato a 200°C avrebbe dovuto svuotare lo zolfo (B41). Ma una notte la manetta non si aziona e comincia a uscire vapore dalle fenditure. Lanza decide di svitare i bulloni per lasciar sfiatare la pressione ma la caldaia minaccia di esplodere. Decide così di aprire la ventola di aspirazione e tutto si calma. Lanza svuota la caldaia e, a turno completato, si avvia a lasciare il lavoro.
L’esperienza di Lanza è un esempio di come la consapevolezza e l’esperienza possano prevenire un rischio. Se al suo posto ci fosse stata un’altra persona, con un altro vissuto, un’altra esperienza lavorativa, altre accortezze, probabilmente il danno non sarebbe stato sventato. "[…] in fabbrica c’era lui solo a sapere che quel termometro era falso: magari un altro avrebbe spinto il fuoco,o si sarebbe messo lì a studiare chissà cosa per farlo salire fino a 100° come stava scritto sul buono di lavorazione" (Zolfo pagina 41).
Lanza prende una scelta: decide di restare in quel laboratorio e affrontare il rischio. Nonostante il pericolo e l’istinto che gli dice di  lasciare tutto e scappare, Lanza si prende le sue responsabilità tecniche e sfrutta a pieno le sue conoscenze e capacità.
“Spegni e scappa”. “Spegni tutto e scappa”. Ma non scappò: acchiappò una chiave inglese,e menava colpi sul tubo del vuoto, per tutta la sua lunghezza: doveva essere ostruito, non c’era altra ragione possibile (Zolfo pagina 41)

Beck


Ulrich Beck  
1944-2015
Società del rischio
La “società del rischio” significa che viviamo in un mondo fuori controllo. Non c’è nulla di certo ma soltanto incertezza.

Ulrich Beck (15 maggio 1944 gennaio 2015) è un sociologo tedesco del XXI secolo, considerato fra i maggiori teorici della sociologia del rischio e dei fenomeni sulla globalizzazione e sull’individualizzazione. Nella sua opera maggiore: 'La società del rischio', Beck propose una distinzione ben precisa tra una prima e una seconda fase della modernità. La prima si è resa necessaria come diretta conseguenza degli effetti derivanti dall’avvento e dall’estensione delle rivoluzioni politiche e industriali. Essa, in particolare nel secolo scorso, si è contraddistinta per la creazione di una società a tutti gli effetti statale e nazionale, dotata di burocrazia amministrativa, strutture collettive e gerarchia nei rapporti di produzione. Il sociologo osserva che nella seconda fase della modernità, ossia quella che stiamo oggigiorno attraversando, ci stiamo impegnando profondamente in una discussione e in una riflessione analitica di queste “conquiste ed acquisizioni”, sostenendo che stiamo vivendo una fase di “modernità riflessiva”.
"Quando parlo di 'società del rischio' è in quest’ultimo senso, ovvero quello delle incertezze fabbricate. Queste 'vere' incertezze, imposte dalle rapide innovazioni tecnologiche e dalle reazioni sociali accelerate, stanno creando un paesaggio del rischio globale fondamentalmente nuovo. In tutte queste nuove tecnologie dal rischio incerto, noi siamo separati dal possibile e dagli effetti da un oceano di non sapere".
Secondo Beck viviamo in una società mondiale del rischio, in una società globale della 'caoticità' e di ciò ne dobbiamo prendere atto. Dinanzi a queste sfide di un’urgenza non sottovalutabile, ma anche non pienamente identificabile, il sociologo invita gli Stati moderni a non farsi trovare impreparati.
"Il concetto di rischio è un concetto moderno e presuppone decisioni che tentano di rendere prevedibili e controllabili le conseguenze della civilizzazione. La novità della società del rischio risiede nel fatto che le nostre decisioni di civiltà coinvolgono conseguenze globali e pericoli e ciò contraddice radicalmente il linguaggio istituzionalizzato del controllo – anzi la promessa di controllo – che è irradiato al pubblico globale nell’evento catastrofico.  L’esplosività politica non può essere descritta e misurata nel linguaggio del rischio, né in formule scientifiche. In essa 'esplode' la responsabilità, la pretesa di razionalità e la legittimazione tramite un contatto con la realtà. L’altra faccia della riconosciuta presenza del pericolo è il fallimento delle istituzioni che traggono la loro autorità dal loro presunto controllo di tali pericoli".
Beck espone come nella precedente società i rischi erano interiorizzati e giustificati affidandosi al sopranaturale e così superati tramite il progresso. Ma l’eccesso di sviluppo e modernizzazione è, nella società attuale, causa stessa del rischio: "I rischi che ci troviamo di fronte non possono essere limitati dal punto di vista spaziale, temporale o sociale. Le regole istituite di attribuzione e responsabilità – causalità, colpevolezza, giustizia – crollano. Ciò significa che la loro attenta applicazione alla ricerca e alla giurisdizione sortisce l’effetto contrario: i pericoli aumentano e la loro anonimizzazione è legittimata. la differenza principale fra la cultura pre-moderna della paura e la seconda cultura moderna della paura è che nella pre-modernità i pericoli e le paure potevano essere attribuiti agli dèi, a Dio, alla natura, e la promessa della modernità era quella di superare queste minacce attraverso una maggiore modernizzazione e un maggiore progresso – più scienza, più mercato, tecnologie nuove e migliori, standard di sicurezza, ecc. Nell’epoca del rischio, le minacce che ci troviamo di fronte non possono essere attribuite a Dio o alla natura, ma alla “modernizzazione” e al “progresso” stesso. Così la cultura della paura deriva dal fatto paradossale che le istituzioni che sono preposte al controllo hanno prodotto incontrollabilità".
Ma cosa crea il rischio nella società moderna?
"Un rischio non può essere considerato in sé e per sé. Esso è sempre contestualizzato nei criteri impiegati nel valutarlo e caratterizzato da ipotesi culturali che lo circondano. In altre parole, i rischi sono grandi quanto appaiono. È sbagliato, dunque, considerare i giudizi sociali e culturali come cose che possono soltanto falsare la percezione del rischio. Senza giudizi sociali e culturali, non ci sono rischi. Questi giudizi costituiscono il rischio, sebbene spesso in modi nascosti". [4]

Kierkegaard


Søren Kierkegaard
1813-1855 Copenaghen
Aut-Aut                
Il tema della discrimen è centrale nella trattazione del rischio. Il testo filosofico di Kierkegaard Aut-Aut impone una scelta, l’autore vuole far si che il lettore prenda una decisione: deve decidere come vuole vivere la sua vita, invece di andare passivamente alla deriva lasciandosi semplicemente scivolare lungo il “fiume della vita”. Kierkegaard sottolinea con forza una prospettiva incentrata sulla persona, che si caratterizza per la possibilità di scelta libera e tra alternative inconciliabili, un aut-aut, che impegna la persona nella sua libertà personale.
“[…] l'impulso interiore della personalità corre costantemente in avanti, e pone, ora in un modo ora nell'altro, i termini della scelta, sì che la scelta nell'attimo seguente diventa più difficile... Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire: bisogna fare questo o quello; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza con la solita velocità, e che così è solo un istante quello in cui sia indifferente se egli faccia questo o quello. Così anche l'uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto.” (Aut-Aut, Kierkegaard)
Il filosofo danese afferma che la scelta deve essere presa in un intervallo di tempo limitato, oltre il quale l’azione del singolo non ha più efficacia. Quando Lanza, protagonista del capitolo zolfo de Il sistema periodico, decide di svitare i bulloni, aprire la ventole e svuotare la caldaia, prende una scelta in un instante di tempo tale da evitare un danno. Ma cosa sarebbe capitato se avesse ritardato queste scelte? Probabilmente sarebbe esploso tutto il laboratorio.

Crollo del ponte



La vicenda del Ponte Morandi

L’ingegneria ha come compito quello di progettare opere che non creino danno per l’uomo. Ma quando vengono a mancare alcune condizioni, le opere ingegneristiche diventano trappole mortali. È l’esempio del viadotto di Polcevera, meglio noto come ponte Morandi. La sua costruzione ad opera dell’ingegner Riccardo Morandi venne vista come innovativa e di importanza strategica. Ma ben presto sorsero difetti. Il ponte subì usura a causa dell’acqua del torrente e dei fumi di una fabbrica vicina ed era quotidianamente sottoposto ad un peso eccessivo: infatti il traffico che lo attraversava era maggiore del limite massimo che la struttura poteva sopportare. Per cui nonostante la solidità del materiale che lo componeva (calcestruzzo armato) e i lavori di manutenzione attuati a partire dagli anni 80, la struttura peggiorò fino a collassare parzialmente il 14 agosto 2018. La struttura sovrastava alcune abitazioni poste ai margini del torrente.
Coloro che nel momento si trovavano sul ponte non erano a rischio: erano presenti periculum e  alea ma mancava la discrimen. Coloro i quali vivevano nelle case al di sotto del ponte erano consapevoli del danno che avrebbero corso qualora il ponte fosse crollato. Per loro il rischio c’era: erano a conoscenza del possibile pericolo, avevano operato una scelta e il caso era partecipe; erano presenti tutte e tre le componenti necessarie a definirlo.

giovedì 6 giugno 2019

Bibliografia


            27 maggio 2019
            26 maggio 2019
            31 maggio 2019
31 maggio 2019
            1 giugno 2019
            1 giugno 2019
            12 giugno 2019
            12 giugno 2019
[9]       http://www.ehabitat.it/2019/05/27/the-human-element/
           14 giugno 2019
[10]     https://cultura.biografieonline.it/icaro/
            15 giugno 2019

Mappa concettuale